Due parole su come lavoro
Nella mia attività terapeutica lavoro con pazienti adulti o adolescenti che si presentano con una richiesta di cambiamento in qualche area della loro vita o che presentano richieste di consulenza per problemi circoscritti.
Propongo cicli di consulenza breve o psicoterapia e utilizzo un approccio terapeutico integrato e come quadro teorico di riferimento l’Analisi Transazionale.
Nello studio dove lavoro non c’è il lettino dello psicoanalista…
…ma due poltrone che contribuiscono a creare un contesto accogliente dove sia possibile per il paziente sentirsi a proprio agio.
Il dettaglio delle poltrone non è superfluo e ha molto a che fare con ciò che viene chiamata metodologia. Nell’approccio umanistico che seguo, l’idea di base è che terapeuta e paziente contribuiscano alla pari e con pari dignità e importanza al percorso terapeutico, l’uno con le proprie competenze e esperienze, l’altro con la propria storia e le proprie emozioni. Viene meno, in questo approccio l’idea di un terapeuta “esperto” che svela all’individuo in difficoltà i perché a lui sconosciuti della propria sofferenza. Il livello del rapporto è quindi paritario (su due poltrone!).
Quando incontro un paziente il mio obiettivo è ascoltare la sua storia, conoscere il problema che lo ha portato in terapia e capire se ci sono i presupposti per iniziare un percorso insieme. I criteri in base ai quale io scelgo di lavorare con un paziente sono: la possibilità di creare alleanza, la possibilità di stabilire un contratto terapeutico , la possibilità di creare con il cliente un setting non “inquinato”.
Questo vuol dire che, per essere efficace, il rapporto deve essere esclusivamente terapeutico, fondato su collaborazione, trasparenza e motivazione per il raggiungimento di obiettivi condivisi. Pertanto non prendo in carico persone con le quali c’è una conoscenza al di fuori del contesto terapeutico, che sono in terapia contemporaneamente con altri colleghi, che non sono motivate alla terapia (ad es., perché obbligate da altri).